CARI GENITORI,
se vi dicessi che ho deciso di raccontare la Divina Commedia ai bambini perché ritengo giusto, importante, fondamentale che anche loro conoscano uno dei più grandi capolavori della letteratura, vi direi una bugia.
In realtà quando ho accettato la proposta di scrivere una versione della Commedia per bambini (d’ora in poi la chiamerò così: questo infatti è il titolo voluto dal suo autore) ho pensato che avrei potuto narrare una storia divertente.
Dante mette in scena una galleria infinita di personaggi di ogni genere, del passato e del presente, reali e immaginari, e ognuno di questi personaggi ha una storia diversa da raccontarci: qualche volta molto breve, come se il protagonista si vergognasse a farcela conoscere; altre volte più lunga e ricca di dettagli, quasi che il narratore desiderasse liberarsi da un peso che lo opprime, rivelandoci una versione dei fatti che altrimenti non avremmo mai conosciuto.
Il poema si presenta dunque come una lunga serie di racconti dentro il racconto, che ci tiene avvinti al filo della narrazione, desiderosi di sapere cosa succederà nella puntata successiva (Dante, in una famosa lettera scritta al signore di Verona Cangrande della Scala, lo chiamava il "senso letterale"). A questa catena di episodi meravigliosi ho creduto di poter aggiungere qualcosa che nasce dalla mia esperienza di filologo e che forse non si troverà in altri libri dello stesso genere.
La Commedia divenne prestissimo oggetto di studio da parte dei contemporanei di Dante, che si impegnarono a commentarla per rendere il testo più facilmente comprensibile: i figli del poeta, Pietro e Iacopo; Giovanni Boccaccio, il grande prosatore del Trecento autore del Decameron; e poi notai, giuristi, professori, teologi e tanti altri. Ebbene, gli antichi commentatori hanno saputo arricchire alcuni episodi della Commedia trasmettendoci delle notizie che altrimenti noi oggi non conosceremmo e che ci permettono di osservare più da vicino vicende e personaggi del poema.
Mi è sembrato che alcune di queste digressioni, che appartengono al ‘secolare commento’ e sono dunque in tutto e per tutto storia, potessero contribuire a rendere ancora più avvincente un libro pensato per i bambini, e le ho fatte mie.
Ecco dunque spiegata la prima ragione per cui vale forse la pena di leggere questa Commedia: è una storia bella da raccontare.
Ma, come ci insegnano gli antichi, oltre a divertire le storie devono anche essere utili, almeno in qualche misura. Intendo dire che non devono fare la predica – tutti sanno che se vogliamo convincere un bambino a fare qualcosa è sufficiente vietargliela – ma devono farci riflettere, stimolare l’interesse e la curiosità, farci porre delle domande proprio attraverso le vicende e i personaggi che ci presentano (Dante, nella stessa lettera a Cangrande, lo chiamava “senso allegorico"). Ecco perché continuiamo a leggere le favole di Esopo o di Rodari.
La Commedia è un lungo racconto ricco di stimoli interessanti: vive e attraversa le nostre gioie e le nostre tristezze, le nostre passioni e le nostre paure, e in questo modo offre a tutti l’occasione per ripensarle, non solo agli adulti, ma anche ai più piccoli, che stanno crescendo.